LA RESPONSABILITA’ DEL DATORE DI LAVORO VERSO I PROPRI DIPENDENTI

Dott. Giovanni Polato | Patrocinatore stragiudiziale

IL FATTO

Un lavoratore saliva sulle “forche” del muletto, condotto da un collega, e durante il trasporto di un carico pesante perdeva l’equilibrio, cadeva a terra e veniva investito dal muletto stesso, riportando gravi lesioni personali

LA DECISIONE

Nonostante la condotta imprudente e pericolosa, se non temeraria, dei due lavoratori dipendenti, La Corte di Cassazione Penale con una recentissima sentenza “ferragostana” (la n. 23947), ha affermato la responsabilità datoriale.

Fra i tanti e gravosi obblighi posti a carico del datore di lavoro a tutela della sicurezza e salubrità dei luoghi di lavoro, la Corte individua espressamente quello di “….assicurare la necessaria formazione professionale sull’utilizzo dei macchinari impiegati e sulle misure precauzionali da adottare….”

Continua ancora la Corte, convalidando la decisione dei giudici di merito “…. Nel riconoscere la responsabilità colposa dell’imputato, i Giudici di merito hanno fatto ineccepibile applicazione dei consolidati principi di diritto in materia, secondo cui il datore di lavoro – quale responsabile della sicurezza dell’ambiente di lavoro – è tenuto a dare ai lavoratori una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e di salute, fornendo specifiche informazioni sulle modalità di svolgimento delle attività lavorative e sull’uso dei macchinari e quindi ad eliminare le fonti di pericolo per i lavoratori dipendenti, e risponde pertanto dell’infortunio occorso al dipendente a causa della mancanza di tali requisiti….”.

Non hanno, quindi, trovato accoglimento le difese svolte dall’imputato, secondo il quale l’infortunio doveva ascriversi alla sola ed esclusiva condotta gravemente imprudente dei lavoratori coinvolti.

Sul punto la Corte ha inteso ribadire un principio di diritto consolidato, secondo cui “….l’abnormità della condotta del lavoratore tale da escludere la responsabilità del datore di lavoro non coincide con la mera imprudenza o disattenzione nello svolgimento delle lavorazioni, ma postula che il comportamento si svolga al di fuori dell’ambito delle mansioni assegnate ovvero che, pur collocandosi nell’alveo di esse, risulti radicalmente avulso da un’avventatezza prevedibile – e dunque evitabile – nelle operazioni. Si è, in particolare, affermato che il comportamento del lavoratore può ritenersi “abnorme”, e come tale non suscettibile di controllo da parte delle persone preposte all’applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro, allorchè provochi l’infortunio ponendo in essere, colposamente, un’attività del tutto estranea al processo produttivo o alle mansioni attribuite, realizzando in tal modo un comportamento “esorbitante” rispetto al lavoro che gli è proprio, assolutamente imprevedibile per il datore di lavoro, come, ad esempio, nel caso che il lavoratore si dedichi ad un’altra macchina o ad un altro lavoro, magari esorbitando nelle competenze attribuite in esclusiva ad altro lavoratore.

Giovanni Polato

Laureato in Giurisprudenza, svolge attività di Patrocinatore stragiudiziale. Ha conseguito la Certificazione UNI 11477, già Presidente Nazionale di A.N.E.I.S. (Associazione Nazionale Esperti di Infortunistica Stradale).